I nuovi strumenti finanziari «tokenizzati»: le novità del «decreto fintech» (D.L. 25/2023)

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Le c.d. «cripto-attività», definite come «una rappresentazione digitale di un valore o di un diritto che può essere trasferito e memorizzato elettronicamente, utilizzando la tecnologia a registro distribuito o una tecnologia analoga», costituiscono un ambito della vita economica in rapidissima evoluzione.

1. Premessa

Le c.d. «cripto-attività», definite come «una rappresentazione digitale di un valore o di un diritto che può essere trasferito e memorizzato elettronicamente, utilizzando la tecnologia a registro distribuito o una tecnologia analoga»[1], costituiscono un ambito della vita economica in rapidissima evoluzione.

Com’è chiaro, la complessità per cui si connotano ha fin da subito costituito un elemento di sfida per qualsiasi legislatore – domestico o straniero – che tentasse di dettare una disciplina soddisfacente per il tipo di fenomeno, così tecnico, e, al tempo stesso, mutevole e variegato.

La sfida è stata ora raccolta dal Decreto Legge 17 marzo 2023, n. 25 (il «Decreto Fintech»), rubricato «disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech», convertito in Legge n, 52/2023, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 maggio.

2. Il quadro europeo

Per comprendere la portata dell’intervento del legislatore nazionale, giova anzitutto collocarlo nel contesto del quadro normativo europeo in materia. Quest’ultimo, infatti, prende le mosse da una distinzione tra, da un lato, i c.d. «utility tokens» e i c.d. «monetary tokens», e, dall’altro, i c.d. «security tokens»: i primi due rappresentano cripto-attività diverse da strumenti finanziari, mentre solo i secondi sono assimilabili a strumenti finanziari veri e propri, e perciò sono anche detti «strumenti finanziari DLT».

Le due attività, così (solo all’apparenza) nettamente distinte, sono destinatarie di due diverse discipline:

  • per quanto riguarda gli utility tokens e i monetary tokens, cioè quelle attività che non rappresentano strumenti finanziari, la disciplina applicabile  è  data  dal  d. «MICAR», cioè il «Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto- attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010  e  (UE)  n.  1095/2010  e  le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937»;
  • diversamente, lo standard sicurezza maggiore richiesto per gli strumenti finanziari giustifica l’assoggettamento dei c.d. security tokens alla più stringente disciplina del c.d. «Pilot Regime» (Regolamento UE 2022/858), applicabile dal 23 marzo 2023.

Quest’ultimo Regolamento, sul presupposto che sia ancora oggi prematuro intervenire con una disciplina complessa e articolata rispetto a un fenomeno tecnologico in così rapida evoluzione, ha preferito istituire, per l’appunto, un «regime pilota», ovvero uno spazio di «sperimentazione normativo» creato attraverso una serie di deroghe temporanee alla disciplina vigente, che, in mancanza di queste ultime, sarebbe applicabile in virtù della qualificazione dei security tokens quali «strumenti finanziari»: il Regolamento, dunque, è stato redatto sulla base dell’assunto che esistano cripto-attività qualificabili come «strumenti finanziari», anche se, in realtà, la loro esistenza non è così indiscussa. Infatti, un primo profilo di criticità della disciplina in parola deriva dal fatto che, ad oggi, il grado di «standardizzazione e interoperabilità della sottostante struttura tecnologica DLT» è ancora «insufficiente», tanto che risulta tutt’altro che agevole concepire l’esistenza di un «cripto-strumento finanziario»[2]  vero e proprio.

Un secondo aspetto critico potrebbe invece provenire dall’assenza, all’interno del Pilot- Regime, di una vera e propria regolamentazione sostanziale della fattispecie, considerata – a torto o a ragione – ancora «prematura». Tale regolamentazione sostanziale è stata dunque demandata all’iniziativa di ciascun legislatore nazionale.

3. Il decreto Fintech

Si comprende perché possa ritenersi che il Decreto Fintech abbia accolto la sfida di offrire al fenomeno un inquadramento giuridico più completo e organico, prevedendo, al Capo V, diverse «disposizioni relative all’applicazione del regolamento (UE) 2022/8581».

Fra queste, merita un cenno la semplificazione prevista all’art. 33, secondo cui «lo svolgimento, nell’ambito della sperimentazione e nel rispetto dei limiti stabiliti dai provvedimenti di ammissione, di attività che rientrano nella nozione di servizi e attività di investimento non implica l’esercizio a titolo abituale di attività riservate e, pertanto, non necessita del rilascio di autorizzazioni ove sia prevista una durata massima di sei mesi, salvo il maggior termine della sperimentazione».

Più in generale, tuttavia, l’approccio adottato dal legislatore domestico consiste nella rinuncia a disciplinare gli aspetti propriamente attinenti alla sottostante tecnologia Blockchain/DTL in quanto tale, per concentrarsi, piuttosto, sulla governance del sistema risultante da detta infrastruttura tecnologica, fissando una serie di requisiti cui gli emittenti dovranno attenersi, sotto la sorveglianza della Consob (art. 20).

4. L’emissione degli strumenti finanziari DLT, il registro e il ruolo della Consob

Il Decreto prevede, anzitutto, che «l’emissione e il trasferimento degli strumenti finanziari digitali sono eseguiti attraverso scritturazioni su un registro per la circolazione digitale tenuto da un responsabile del registro, dal gestore di un SS DLT o TSS DLT, dalla Banca d’Italia o dal Ministero dell’economia e delle finanze o dagli ulteriori soggetti eventualmente individuati con il regolamento adottato [dalla Consob]» (art. 3).

L’art. 19 si premura poi di integrare il novero dei soggetti che possano essere autorizzati alla tenuta del registro in questione. Fra questi figurano:

  • le banche, le imprese di investimento e i gestori di mercati stabiliti in Italia;
  • limitatamente a strumenti di propria emissione, gli intermediari finanziari iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del TUB, gli istituti di pagamento, gli istituti di moneta elettronica, i gestori e le imprese di assicurazione   o riassicurazione stabiliti in Italia; nonché altri  intermediari  non  compresi  fra questi;
  • ulteriori soggetti   individuati   con regolamento della Consob.

Il Decreto Fintech si preoccupa, subito successivamente, di fissare i requisiti minimi di sicurezza e affidabilità del registro sul quale le scritturazioni dovranno avvenire. In particolare, è previsto che detti registri «assicurano l’integrità, l’autenticità, la non ripudiabilità, la non duplicabilità e la validità delle scritturazioni attestanti la titolarità e il trasferimento degli strumenti finanziari  digitali  e  i  relativi  vincoli», «consentono,   direttamente o indirettamente, di identificare in qualsiasi momento i soggetti in favore dei quali sono effettuate le scritturazioni, la specie e il numero degli strumenti finanziari digitali da ciascuno detenuti, nonché di renderne possibile la circolazione» e «[…] garantiscono l’accessibilità da parte della [Consob] e della Banca d’Italia per l’esercizio delle rispettive funzioni» (art. 4).

La Consob, ricevuta l’istanza di iscrizione da parte di uno dei soggetti di cui sopra, «verifica il possesso dei requisiti» menzionati, nonché di ulteriori requisiti, individuati dall’art. 20. Fra questi, figura anche «la trasmissione di una relazione tecnica illustrativa dell’iniziativa, che includa l’indicazione delle categorie di strumenti finanziari […] scritturabili nel registro; la descrizione delle modalità di pagamento eventualmente previste per consentire le operazioni su strumenti finanziari digitali, anche tramite l’interazione con altri registri, servizi o sistemi; l’indicazione di eventuali soggetti terzi, di cui il responsabile del registro intende avvalersi, e delle attività svolte dagli stessi».

5. Conclusioni

Alla luce di quanto riportato, non si può che apprezzare lo sforzo del legislatore di aver dettato una prima disciplina degli strumenti finanziari DLT. Al contempo, però, non si può non evidenziare la necessità di una futura integrazione della disciplina ora delineata, che appare oggi ben più semplice e scarna di quella dettata dal MICAR per le cripto-attività che non costituiscono strumenti finanziari.

Ancora, al di là dell’apertura della sperimentazione a un novero di soggetti sulla carta piuttosto ampio, si può prevedere che la complessità del fenomeno  tecnologico  e  organizzativo legato al sistema della blockchain sia sufficiente, nei fatti, a concentrare l’attività in capo a quei pochi operatori in possesso dei requisiti minimi richiesti.

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Cfr. PAOLO CARRIÈRE, Decreto Fintech e MICAR: il quadro normativo sulle cripto-attività, in www.dirittobancario.it, 30 maggio 2023.

Nota

Cfr. Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del consiglio («MICAR»), art. 3, no. 2.