Verso l’introduzione della relazione di sostenibilità: il via libera dal consiglio dei ministri

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In vista del termine ormai prossimo per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2464, c.d. “Corporate Sustainability Reporting Directive”, il Consiglio dei Ministri, ha approvato in esame preliminare lo schema del decreto legislativo che recepirà nell’ordinamento italiano la CSRD

1.  Premessa

In vista del termine ormai prossimo per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2464, c.d. “Corporate Sustainability Reporting Directive” (la “CSRD”), fissato al 6 luglio 2024, il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 85 del 10 giugno scorso, su proposta dei Ministri Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti, ha approvato in esame preliminare lo schema del decreto legislativo che recepirà nell’ordinamento italiano la CSRD (il “Decreto”, disponibile cliccando qui).

Inserita nell’ambito del c.d. Green Deal europeo, la CSRD si propone di garantire ai c.d. “Stakeholders” un flusso informativo relativo alla sostenibilità dell’attività delle imprese, con l’obiettivo di riorientare i capitali verso investimenti sostenibili e di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva sotto il profilo ambientale e sociale[1].

La CSRD realizza tale scopo prevedendo, in capo a determinate categorie di imprese[2], l’obbligo di redigere una «relazione di sostenibilità» (“RS”), che sostituirà, ove applicabile, l’attuale dichiarazione non finanziaria (“DNF”)[3].

La RS, inoltre, andrà redatta secondo criteri che ne garantiscano un contenuto per quanto possibile standardizzato, confrontabile e comparabile (sia nel tempo, sia rispetto alle imprese del medesimo settore).

Dietro a quest’obbligo di rendicontazione si cela, nondimeno, l’obbligo materiale per gli amministratori di «adattare la propria politica aziendale al fine di perseguire interessi collettivi, e, in particolare, il contrasto al cambiamento climatico»[4].

Vediamone dunque i tratti salienti.

2.  Contenuto della RS

L’art. 3 del Decreto, nel disciplinare il contenuto della RS, prevede che i soggetti obbligati includano, in un’apposita sezione della relazione sulla gestione, le informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, e, fra l’altro, (i) una breve descrizione del modello e della strategia aziendale e della relativa modalità di attuazione, che indichi, tra le altre cose, i piani dell’impresa atti a garantire la compatibilità del modello e della strategia aziendali con la transazione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5° C in linea con l’Accordo di Parigi del 2015 e con l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050; (ii) una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità; (iii) una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità.

Inoltre, uno degli elementi di maggior novità e rilevanza della RS consiste nelle informazioni relative alla c.d. “catena di valore” e alla c.d. “catena di fornitura” dell’impresa: l’impresa dovrà infatti descrivere i «principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura, delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti» (cfr. art. 3, co. 2, lett. f, n. 2 del Decreto). Nei tre esercizi finanziari successivi all’applicazione del Decreto tali informazioni, peraltro, potranno venir omesse, qualora non siano disponibili (art. 3, co. 3, del Decreto).

3.  Ambito soggettivo di applicazione della disciplina

La portata innovativa della CSRD si coglie, peraltro, nel novero dei soggetti tenuti alla redazione della RS, più numerosi di quelli tenuti alla redazione della sostituita DNF: è infatti prevista un’applicazione progressiva della disciplina, che, ai sensi dell’art. 17, co. 1 e co. 2, del Decreto, si estenderà, in estrema sintesi[5]:

(i)    dall’esercizio finanziario 2024, alle imprese già attualmente soggette all’obbligo di redazione della DNF, ossia (a) le imprese di grandi dimensioni[6] e (b) le imprese al vertice di grandi gruppi[7], in entrambi i casi (a) e (b) (I) con oltre 500 dipendenti impiegati durante l’esercizio e (II) che siano enti di interesse pubblico[8];

(ii)   dall’esercizio finanziario 2025 e successivi, alle (a) alle imprese di grandi dimensioni e (b) alle imprese poste al vertice di grandi gruppi, diverse da quelle di cui al precedente (i), attualmente non soggette all’obbligo di redazione della DNF;

(iii) dall’esercizio finanziario 2026 e successivi, alle PMI quotate[9], (ad eccezione delle micro imprese), mentre le PMI non quotate potranno adottare la RS su base volontaria;

(iv)  dall’esercizio finanziario 2028 e successivi, alle società figlie e alle succursali di imprese con sede in Paesi terzi che abbiano realizzato negli ultimi due esercizi consecutivi – a livello di gruppo (o, se non applicabile tale parametro, anche a livello individuale) – ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a Euro 150.000.000,00 nell’UE[10].

4.  Gli standard di rendicontazione e il revisore della rendicontazione di sostenibilitа

Al fine di favorire una maggiore standardizzazione nei criteri di rendicontazione, l’art. 3, co. 5, del Decreto stabilisce poi che la RS debba essere resa in conformità con gli standard di rendicontazione di sostenibilità “ESRS”, adottati dalla Commissione su proposta dell’EFRAG – European Financial Reporting Advisory Group (Regolamento Delegato UE 2023/2772)[11], e suscettibili di ulteriore integrazione nel tempo[12].

L’art. 8 del Decreto, inoltre, prevede che la RS sia soggetta ad assurance ad opera del revisore della rendicontazione di sostenibilità, cui spetterà il ruolo chiave di rilasciare un’attestazione sulla conformità della RS, volta ad acquisire un livello di sicurezza limitato (c.d. limited assurance) o ragionevole (c.d. reasonable assurance) sul contenuto della RS. L’impresa potrà incaricare quale revisore della rendicontazione di sostenibilità sia un soggetto “nuovo” (ossia nominato ad hoc per tale incarico), oppure lo stesso revisore legale già incaricato della revisione del bilancio (cfr. art. 8, co. 2, del Decreto): in quest’ultimo caso, il nuovo incarico potrà avere una durata inferiore al precedente, al fine di allineare le scadenze dei due incarichi (cfr.  art. 9, co. 1, lett. r, n. 2 del Decreto). Qualora l’attività di attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità sia effettuata da una società di revisione legale, quest’ultima dovrà designare almeno un “responsabile della sostenibilità”, dotato delle competenze, delle risorse e delle capacità necessarie allo svolgimento dell’incarico (cfr. art. 9, co. 1, lett. o, n. 2).

Data la centralità di questa figura di nuova costituzione, il Decreto si preoccupa infine di prevedere che il MEF e la CONSOB conducano uno studio volto a verificare, tra l’altro, la competitività e la concorrenzialità dei servizi di attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità (cfr. art. 18, co. 11, del Decreto).

5.  Vigilanza e Sanzioni

Come accennato, ai sensi dell’art. 3, co. 1, del Decreto, la RS farà parte della relazione sulla gestione e, pertanto, sarà parte integrante del bilancio di tali società[13]: ne consegue, quindi, che la RS sarà adottata con le stesse procedure e con le stesse tempistiche previste per il bilancio, sotto la responsabilità dell’organo amministrativo e sotto la vigilanza dell’organo di controllo (cfr. art. 10, co. 1, del Decreto).

Per le sole società quotate, in aggiunta alla disciplina civilistica prevista per le società non quotate, sarà applicabile la disciplina del TUF, e, in particolare, la sanzione di cui all’art. 193 TUF (“Sanzioni amministrative in tema di informazione societaria e doveri dei sindaci, dei revisori legali e delle società di revisione legale”): in tal caso, però, l’art. 10, co. 2 del Decreto prevede che, per i due anni successivi all’entrata in vigore del Decreto medesimo, l’ammontare massimo della sanzione ivi prevista sia ridotto a Euro 150.000,00 ed Euro 2.500.000,00 (rispettivamente, nei casi di cui all’art. 193, co. 1.2 e 3 TUF e nei casi di cui all’art. 193, co. 1, TUF).

Significativamente, l’art. 10, co. 4, del Decreto prevede, inoltre, che la CONSOB, ai fini della determinazione del tipo e dell’ammontare delle sanzioni amministrative pecuniarie, potrà tener conto sia (a) delle procedure adottate dall’organo amministrativo della società, anche alla luce delle eventuali linee guida o indicazioni fornite dalle Autorità nazionali ed europee, sia (b) del fatto che le violazioni possano derivare da informazioni erronee, incomplete od omesse, fornite da terzi, ivi inclusi quelli appartenenti alla catena di valore della società e non sottoposti al controllo di questa.

6.  Conclusioni

Le novità portate dal Decreto avranno indubbiamente un effetto tangibile sulla vita delle imprese tenute alla redazione della RS (o che vi procedano su base volontaria), sia in termini di costi sia di oneri imposti da un attento e continuo monitoraggio dell’impatto ambientale provocato non solo dall’impresa stessa, bensì anche da tutti i terzi appartenenti alla sua “catena di valore”.

Al tempo stesso, l’applicazione della CSRD potrà forse concretamente influire, seppur indirettamente, sull’evoluzione del modello organizzativo in ambito societario, comportando «il passaggio […] a una governance punteggiata da funzioni strutturate e procedimentalizzate»[14].

 

Dott. Lorenzo Parma

lorenzo.parma@gvalex.it

 

Dott.ssa Letizia Lombardi

letizia.lombardi@gvalex.it

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Nota

Nota

Secondo T. TOMASI, infatti, «la transizione delle S.r.l. verso il paradigma della sostenibilità richiede quindi una parallela evoluzione del modello organizzativo ed il passaggio da una gestione informale, flessibile e personale, a una governance punteggiata da funzioni strutturate e procedimentalizzate […]. [Ciò] si traduce, in punto di paradigma societario, nella sua transizione […] a società potenzialmente aperta al mercato e soprattutto […] a programma lucrativo procedimentalizzate dotato di forte specializzazione, in cui l’organigramma aziendale ha una precisa ripartizione di funzioni e mansioni e la struttura decisionale opera secondo procedimenti formalizzati. La corretta gestione imprenditoriale passa per la formale istituzione di “assetti organizzativi amministrativi e contabili” adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa ed apre al dialogo con gli stakeholders, delineando così i tratti dell’organizzazione sostenibile» (Cfr. T. TOMASI, op. cit., p. 1213-1214).

Nota

Per le società quotate lo prevede espressamente l’art. 12, co. 1, lett. e, n. 1, del Decreto, volto a introdurre nell’art. 154-ter del TUF un nuovo comma 1-quater. In virtù di quest’ultima disposizione, inoltre, le società quotate mettono «a disposizione del pubblico entro il termine di pubblicazione della relazione finanziaria annuale» la relazione di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità.

Nota

La scarsa uniformità dei criteri di rendicontazione ha rappresentato, in passato, una criticità: Cfr. G. STRAMPELLI, op. cit.: «il problema dell’opacità dei rating e degli indici ESG si somma a quello (ed è, in parte, conseguenza) della non coerenza dei quadri di riferimento per l’informativa non finanziaria delle imprese, e dei sottostanti concetti divergenti di materialità. In particolare, la scarsa correlazione tra i rating assegnati da diversi provider alle stesse società e la mancanza di trasparenza nelle modalità di elaborazione di tali punteggi rendono difficile per gli investitori ricorrere alle informazioni essenziali e affidabili di cui hanno bisogno per eseguire correttamente la valutazione della sostenibilità». Mentre l’emanazione, ad opera della Commissione, degli standard settoriali per la rendicontazione da parte di imprese di Paesi terzi è stata posticipata al 30 giugno 2026, la Commissione procederà all’emanazione graduale degli standard settoriali specifici (cfr. relazione al Decreto, p. 6).

Nota

L’art. 3, co. 5 del Decreto rinvia infatti ai «agli standard di rendicontazione adottati dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 29-ter della Direttiva 2013/34/UE», come modificata dalla CSRD. In forza di tale disposizione, «la Commissio

Nota

Cfr. artt. 5, co. 1 e 17, co. 2, del Decreto. Qualora poi la società capogruppo extra-europea non abbia una società «figlia», ma abbia solo una succursale che «abbia generato ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente», la disciplina in esame si applicherà anche a detta succursale (cfr. art. 5, co. 3, del Decreto).

Nota

Solo PMI quotate su mercati regolamentati, non anche su MTF: cfr. ASSONIME, Linee Guida per il reporting di sostenibilità delle società quotate su Euronext Growth Milan, Note e Studi, 2024, 1, p. 4.

Nota

Sono enti di interesse pubblico: (i) le società italiane emittenti valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell’Unione europea; (ii) le banche; (iii) le imprese di assicurazione autorizzate in Italia ovvero le Imprese di assicurazione italiane; (iv) le imprese di riassicurazione.

Nota

Da intendersi con tale locuzione, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 1, lett. o) del Decreto i «gruppi composti da una società madre e società figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio della società madre superano, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: 1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000; 2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250».

Nota

Si tratta di società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato – nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi – due dei seguenti limiti: (i) totale dello stato patrimoniale uguale o superiore ad Euro 25.000.000,00; (ii) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni uguali o superiori ad Euro 50.000.000,00; ed infine (iii) un numero medio di dipendenti occupati durante l’esercizio uguale o superiori a 250.

Nota

Per una chiara ricostruzione, ex multis, T. TOMASI, Reporting di sostenibilità e S.r.l.: una riflessione sulla governance a geometria… sostenibile, in Contratto e Impresa, 2023, 4, p. 1998, nota 7.

Nota

Cfr. G. STRAMPELLI, ESG, disclosure di sostenibilità e stewardship degli investitori istituzionali, in Rivista delle Società, 2023, n. 4, p. 828 ss.

Nota

La DNF è disciplinata dalla Direttiva (UE) 2014/95 sulla rendicontazione non finanziaria, recepita nel nostro ordinamento dal D.lgs. n. 254 del 30 dicembre 2016.

Nota

Si veda il successivo paragrafo 3.

Nota

Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo dell’8 marzo 2018, dal titolo «Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile», punto 1.1. ss.